Gay & Bisex
Webcam (3)

06.06.2025 |
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"Lui fa per inginocchiarsi e prendermelo in bocca, ma non abbiamo troppo tempo, e io non voglio accontentarmi di una succhiata e via..."
Ho l’uccello ancora umido quando rientro in casa.Paolo mi ha proprio prosciugato; me l’aspettavo, ma non potevo esserne sicuro.
Prima la webcam, poi le lunghe chattate: o era un chiacchierone, oppure un gran bel porcellino come poi effettivamente si è dimostrato.
Mi spoglio completamente, dovrei buttarmi in doccia ma mi è venuta fame, così cucino qualcosa di veloce.
Nudo e crudo.
Mentre aspetto che l’acqua cominci a bollire ripenso a ciò che è appena successo in cantina, a Paolo che si concede senza remore, remissivo, pronto, porco, completamente assoggettato al mio volere.
Un fremito mi percorre il basso ventre, credo che potrebbe tornarmi nuovamente duro nonostante siano passati più o meno 20 minuti, e nonostante i miei anni.
Saranno i pensieri di lui che si gusta i miei colpi, o più semplicemente l’odore di sesso che mi porto ancora addosso, ma mi sale una voglia irrefrenabile.
La mano comincia ad accarezzare il mio sesso, che immediatamente risponde allo stimolo tanto che mi ritrovo ad averlo di marmo senza che me ne renda conto.
Comincia una lunga, lenta, interminabile sega, che mi porta più e più volte al limite.
Non so cosa mi stia prendendo, o quantomeno non so perché Paolo mi stia prendendo così tanto.
In fondo si è trattato di mezz’ora scarsa di sesso in uno scantinato, nulla di sentimentale, solo un incontro rozzo e fugace, come doveva essere, nulla più.
Ma mi era rimasto dentro.
Vabbè, nel senso letterale ero io ad essergli rimasto dentro, ma questa è un’altra storia.
Fatto sta che nei giorni successivi altro non facevo che pensare che avrei dovuto, o meglio voluto, ricontattarlo per una sessione più “energica”.
Così abbiamo iniziato un’intensa fase di sexting, pratica virtuale che generalmente non mi appartiene, ma che con lui riusciva ad assumere connotazioni tali da terminare in epiche sborrate.
Ci si inviava video, audio, foto, … gli scrivevo le cose più porche che mai avrei pensato di poter scrivere, e che con lui avrei fatto più che volentieri.
Ripetutamente.
Lui a parole acconsentiva, ma per un motivo o per un altro non si riusciva mai a combinare un incontro.
Poco alla volta il mio interesse scemò, ci si “sentiva” sempre meno, e col passare del tempo nessuno cercò più l’altro.
Poco male, non è che mi fossi dedicato esclusivamente a lui, anzi.
É pur vero che ogni qual volta mi scopavo qualche bel culetto immaginavo che ci fosse lui al posto del ragazzetto di turno, e ci andavo giù pesante.
Qualche mese più tardi, mentre cazzeggiavo sul divano, mi capita di vedere una storia su instagram, nella quale è taggato assieme al cornuto ed altri amici.
Mi prende un colpo: è in una trattoria a 200 metri da casa mia, e Gianluca, il mio fidanzato, è in trasferta e non tornerà prima di martedì.
In un lampo mi vesto e raggiungo la location della storia, voglio proprio vedere la sua faccia quando mi vedrà.
Cinque minuti più tardi sono lì; il loro tavolo è vicino all’ingresso, sulla destra, li vedo dal marciapiede, attraverso la vetrata.
Fingo di osservare distrattamente all’interno facendo una telefonata inesistente, e ops… “casualmente” incrocio il suo sguardo.
Paolo rimane impietrito; occhi spalancati e sopracciglia sollevate, bocca leggermente aperta, senza parole: se non fosse che tenta di dissimularlo, direi che è praticamente sotto shock.
Ma la tensione è evidente anche nei muscoli facciali, si irrigidisce colto di sorpresa, come se avesse visto qualcosa di inaspettato o incredibile.
E in effetti ha visto il sottoscritto.
Vorrei essere nella sua mente in questo momento.
Capire se è solo impanicato oppure se è anche felice, se ha un sussulto in mezzo alle gambe, se ha un’improvvisa nuova voglia di me, o se si sente in trappola perché ha sgamato il mio intento.
Knock knock…
Qualcuno sta bussando al vetro.
È Luca, una mia vecchia “conoscenza”, con cui mi son divertito parecchie volte; è al tavolo degli amici: mi saluta con enfasi, forse troppa, cosa che mi darebbe fastidio normalmente, ma che mi fa gioco in questa situazione.
Mi fa cenno di entrare, rispondo che lo farò non appena terminata la telefonata.
Fingo di riagganciare e mando velocemente un messaggio a Paolo “sei ancora più bello di quanto ricordassi…”.
Sono pronto per entrare, finalmente, dopo un respirone tipico dell’ansia da esame universitario.
Vado incontro a Luca, che mi abbraccia sussurrandomi all’orecchio “quando mi scopi ancora?”, non prima di avermi presentato agli altri commensali con un un’inequivocabile, nonché imbarazzante, “Lui è il famoso Francesco”, lasciando intendere non-voglio-sapere-cosa ma che posso ben immaginare; seguono occhiate indagatrici, che si soffermano soprattutto sul mio pacco.
Sorrido, e con finta nonchalance sposto lo sguardo su Paolo che ha un’aria corrucciata, tra lo scocciato e l’infastidito da quell’uscita infelice; ma che ci posso fare? Ormai è andata così… l’ho sempre detto che Luca era interessante solo quando lo si zittiva col pisello in bocca.
Detto, fatto, mi invita ad aggiungermi a loro.
Declino gentilmente l’invito, non voglio creare ulteriori disagi, ma Luca e gli altri insistono, così mi ritrovo a fingere di dovermi sedere con loro un po’ controvoglia.
Ovviamente non era ciò che avevo preventivato, ma faccio buon viso a cattivo gioco e decido di approfittarne.
Mi fanno posto accanto a Luca, e istintivamente decido di provocare Paolo, flirtando apertamente col mio amico: mi avvicino a lui con un sorriso malizioso, e lo accarezzo con un tocco leggero sulla spalla per poi scendere al braccio, spostandomi alla schiena e poi sempre più giù, come se fosse naturale e spontaneo, mentre amichevolmente converso con gli altri commensali.
Rido alle sue battute anche quando non servirebbe, spostandomi sempre più vicino a lui, mostrandomi particolarmente affettuoso, creando un'aria di intimità non richiesta, mantenendo allo stesso tempo con discrezione un costante contatto visivo con Paolo, che osserva la scena con un misto tra stizza e gelosia.
Tutto questo, ovviamente, avrebbe lo scopo di “stuzzicarlo”, e di riportarlo tra le mie grinfie.
A sua volta, per rispondere al mio stupido gioco, Paolo coinvolge il cornuto, cioè il suo fidanzato, a sua insaputa, come a dimostrare che anche lui ha qualcuno che lo interessa e che, anche se io sto flirtando con qualcun altro, lui sa con chi spassarsela.
Il risultato è una sorta di scambio di giochi di gelosia tra noi due: entrambi cerchiamo di attirare l'attenzione dell'altro, creando una tensione sottile, che rende la serata decisamente movimentata e carica di emozioni.
È un gioco di sguardi, parole e gesti che, anche se poco divertente, rivela quanto siamo coinvolti in questa dinamica un po’ infantile.
Che però funziona.
Quando mi alzo per andare in bagno, dopo pochi secondi me lo ritrovo lì.
“Cazzo stai facendo, coglione?” mi dice quasi sottovoce, ma con tono incazzato “un’ora fa mi mandi un messaggio da boomer, poi ci manca poco che ti limoni Luca davanti a tutti… Sei un coglione! Cosa credi di fare? Pensi di farmi ingelosire così?”
Le emozioni represse riaffiorano rapidamente, trasformando il nostro per niente fortuito incontro in una discussione accesa.
“Che vuoi da me?” digrigno tra i denti. Lo accuso di non avermi più risposto senza spiegazioni, Paolo si difende sostenendo che la situazione tra noi era diventata troppo complicata da gestire.
“Che situazione c’era? Due seghe in videochiamata, centinaia di messaggi, voglia di rivedersi e poi? Poi un cazzo! Non sei mai riuscito a ritagliarti mezz’ora da dedicare non dico a me, ma almeno al mio cazzo. E ora che vuoi? Pensi che sia qui per farti ingelosire? Ma davvero? Quanta cazzo di importanza ti dai, mica ce l’hai solo tu un buco di culo!” urlo.
“Vaffanculo, brutto coglione, ma chi ti s’incula.”
La tensione cresce e le parole diventano sempre più dure.
Sotto la superficie dello scontro, però, entrambi sappiamo che la tensione sessuale non è scomparsa; la rabbia lascia spazio al desiderio, l'intensità della nostra connessione emotiva diventa innegabile, e realizzo che il vero motivo di questa sorta di litigio è la paura di ammettere quanto lo desidero.
O, perlomeno, questo è ciò che percepisco io.
E come volevasi dimostrare, sopraffatti dall'attrazione, cediamo alla passione proprio lì, nel bagno del ristorante.
Così lo spingo con violenza nel cubicolo del cesso e gli infilo di prepotenza la lingua in bocca.
Paolo mi si avvinghia e risponde al bacio come se non sperasse altro.
Il mio uccello è durissimo, e non può più aspettare oltre.
Lui fa per inginocchiarsi e prendermelo in bocca, ma non abbiamo troppo tempo, e io non voglio accontentarmi di una succhiata e via.
Velocemente gli abbasso i pantaloni, lo giro premendogli la faccia sulle fredde piastrelle e gli appoggio la cappella a secco.
Spingo deciso.
Un urlo gli si strozza in gola, ma io non ho nessuna intenzione di fermarmi.
Devo recuperare i mesi persi, il tempo passato inutilmente senza concludere nulla.
Il sesso è urgente e liberatorio, affondo colpi su colpi, scopandolo selvaggiamente, eccitato perché di là, alla tavolata ci aspettano e qualcuno potrebbe insospettirsi, ma ancora più ingrifato per il fatto che qualcuno (nella fattispecie il suo fidanzato, forse allegramente inconsapevole di quanto sia cagna Paolo) potrebbe coglierci sul fatto.
Lui spinge il culo verso di me, permettendomi di andare sempre più a fondo, stimolandogli la prostata; lo monto brutalmente, senza pietà.
Non oppone resistenza, lui sa chi comanda il gioco, che forse gioco non è più.
“Mi è mancato il tuo cazzo, papi” urla a bassa voce.
Con una mano lo prendo per i capelli e lo tiro a me, leccandogli l’orecchio.
Il mio cazzo deve scaricarsi, la mia testa deve sgombrarsi, il cesso dev’essere liberato in fretta.
Accelero i colpi, Paolo geme e trema: “sto già venendo” sussurra ansimando.
Io pure, cazzarola, da quanto sono ingrifato.
È un attimo, una scarica di sborra invade le sue viscere, lo riempio di me, come a marchiarlo a fuoco.
Dopo esser venuti rimaniamo in silenzio per un interminabile secondo; forse è un modo per riconnettersi fisicamente quando le parole non bastano più.
Mi pulisco sulla sua maglietta, ed apro la porta di quella minuscola cabina in cui abbiamo consumato un pasto fugace noncurante del fatto che lui abbia ancora i pantaloni abbassati, e il culo esposto.
Senza dire nulla torno alla tavolata e con una scusa me ne torno a casa, consapevole che ciò che è appena successo potrebbe cambiare tutto tra noi.
O forse no.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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